Ass. Banco Alimentare Lombardia / La strada del cibo diretto ai poveri

 

Le cassette di pomodori, verze, angurie e broccoli si accumulano una sopra l'altra. In meno di due ore sono diventate così tante che il camion, oggi, sarà costretto a fare un viaggio supplementare. Tino Radaelli, volontario del Banco alimentare della Lombardia di stanza all'Orto mercato, scoda tra i corridoi alla guida del muletto. Al suo passaggio, i grossisti urlano: «Oh! Tino!». E' il segnale.
Altre 30 casse di fagiolini, oppure 250 di pomodori, stanno per prendere la via delle associazioni caritative, evitando di finire in discarica.
Lui non si ferma neppure un minuto.
All'Ortomercato, Tino ci vive dal 1965. Ha insegnato tutti i trucchi che conosce ai volontari che qui raccolgono montagne di cibo fresco.
«Già dalle 9 del mattino, quando le contrattazioni tra grossisti e acquirenti sono chiuse, i "nostri" si tuffano sulle cassette invendute scherza Marco Magnelli, direttore del Banco alimentare -. Il bottino è incredibile».
I volontari dell'Ortomercato sono dirigenti in pensione, bancari, artigiani, industriali. Un melting pot di saperi prestati alla raccolta quotidiana di cibo. «In luglio abbiamo raccolto 111 tonnellate di frutta e verdura: l'equivalente di sei Tir» spiega Francesco Bonizzoni, ex industriale nell'area chimica, esperto di logistica.
Solo da questa postazione - che si è aggiunta da un anno agli altri punti di raccolta consentendo una crescita dell'otto per cento - il recupero quotidiano va dai soli tre bancali delle giornate di stanca (una tonnellata) ai 40 bancali in quelle più fortunate (circa 12 mila chili): «Il valore totale del cibo che abbiamo distribuito in Lombardia nel 2012 - continua Magnelli - supera i 39 milioni di euro. A Milano abbiamo consegnato alimenti per quasi nove milioni. Per generare tale volume di ricchezza, abbiamo un'organizzazione di tipo aziendale. Il lavoro dei volontari, da solo, vale tre milioni di euro. Ma ci sono anche i costi: dal carburante e all'affitto del magazzino. Lo scorso anno le spese sono state di un milione e mezzo di euro. Facciamo fatica».

Arriva il camion per il ritiro, uno dei quindici automezzi che hanno il logo del Banco alimentare sulle fiancate.
Al volante c'è Erminio Di Francesco, carabiniere in pensione, volontario da 16 anni. Fa parte dello staff autisti. Accosta alla ribalta di scarico. «Comandi!». Un'occhiata ai bancali gli basta per capire che, oggi, Mario, Alberto, Pasquale, Antonio, Andreina (e gli altri grossisti che hanno donato frutta e verdura) sono stati molto generosi. Qualcuno ha donato perché «è meglio far del bene che cercare di vendere la merce domani»; qualcun altro perché «donare al Banco alimentare evita le pratiche di smaltimento»; altri ancora perché «il cibo in eccesso va dato a chi non ne ha». Ognuno per le sue ragioni.
In questo immenso suk milanese ogni giorno si mette in tavola la solidarietà.
Il primo carico è pronto e verso mezzogiorno Erminio parte per Muggiò, la sede del Banco alimentare della Lombardia. Al magazzino centrale (3.900 metri quadrati con 900 metri cubi di celle frigorifere, compresi i settori a meno 18 gradi) arriva tutto il cibo ritirato ogni giorno dai 560 volontari lombardi
(in media sono 55 al giorno).

L'anno scorso sono passate 13.370 tonnellate di cibo, ridistribuite a 1.300 associazioni. «Significa che 213 mila indigenti (quasi 46 mila solo a Milano) hanno mangiato cibo buono che senza il recupero sarebbe finito nella spazzatura. Abbiamo già altre 50 onlus in lista d'attesa» commenta Gianluigi Valerin, presidente del Banco lombardo, mentre sugli scaffali dell'enorme magazzino vengono ammucchiati e divisi per generi tutti gli alimenti che arrivano dall'industria alimentare, dalla grande distribuzione e dalla ristorazione collettiva. C'è il reparto pasta e riso, quello dei biscotti e dei succhi di frutta, acqua minerale, pelati, tonno, caffè e tè, dadi, merendine, tutto etichettato e tracciabile. In alcuni casi ricondizionato. Significa che se una scatola di cereali arriva schiacciata a Muggiò, e per questo è invendibile al supermercato, qui viene riparata.
Oggi gli scatoloni pronti per il ritiro da parte delle associazioni sono un centinaio. Arrivano per primi i volontari di una onlus che sostiene malati di Sla e le famiglie. Poi è la volta di Gigi, cuoco della mensa dei Carmelitani Scalzi, nota come la mensa di don Giulio, in via Canova: 300 ospiti al giorno. La frutta, per oggi, è garantita. Una fornitura di prugne fresche dell'Ortomercato.

 

Corriere della Sera - ed. Milano - di Anna Tagliacarne

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