Esperienze di carità che rimettono l'uomo in cammino

Esperienze concrete che danno sostanza all'articolo 27 della costituzione: le pene "devono tendere alla rieducazione del condannato". Sono quelle emerse venerdì 5 maggio nel corso del convegno "Quando la carità (ri)educa", promosso dal Banco Alimentare dell'Abruzzo con il patrocinio del Ministero della Giustizia e del Comune di Pescara. All'incontro, nella sede del Banco Alimentare in via Celestino V, sono intervenuti i rappresentanti delle realtà sociali che da anni collaborano con il mondo della Giustizia per l'esecuzione esterna delle pene, insieme a rappresentanti istituzionali, in un confronto coordinato da Marco Camplone, giornalista e Responsabile Relazioni esterne De Cecco.

Per Maria Rosaria Parruti, presidente del Tribunale di Sorveglianza di L'Aquila, "la nostra costituzione crede nel cambiamento della persona, che consiste soprattutto nel dare ai detenuti un metodo per affrontare la realtà in modo nuovo, a partire dal riconoscimento di loro mancanze". Da parte sua, Nicola Boscoletto, presidente di Officina Giotto, ha portato l'esperienza che da anni guida nel carcere di Padova, dove ai detenuti viene data la possibilità di lavorare: "Una pasticceria ma anche un laboratorio dove si producono biciclette, valigie e molto altro. Abbiamo realizzato un luogo di lavoro vero, perché siamo convinti che è proprio il lavoro a ridare dignità in chi ha sbagliato. Così, è bello vedere detenuti che una volta terminata la pena non faticano a reinserisi nel mondo del lavoro. In questo modo, la recidiva cala sensibilmente". Il lavoro, dunque, come leva decisiva per rieducare il condannato, insieme alla carità: "Da anni - ha raccontato Boscoletto - permettiamo ai carcerati di partecipare alla Colletta Alimentare di fine novembre. Per loro, rendersi utili agli altri è sempre un modo per riacquistare fiducia e serenità. Accompagnarli è un modo per far sì che il reinserimento sia concreto. Ciò che ci ha mosso e deve muovere tutti noi è il nostro desiderio, non tanto il fare del bene: quanto più saremo contenti noi, quanto più ci lasceremo sedurre dalla bellezza che accade, tanto più saremo utili a chi si rivolge a noi". Mimmo Trivisani, direttore del Banco Alimentare dell'Abruzzo, ha raccontato la ricchezza che emerge dalle esperienze di messa alla prova che si svolgono da anni nella struttura pescarese: "Così come io sono stato guardato diversamente e con umanità qui nel Banco Alimentare, quello che noi cerchiamo di fare quotidianamente con queste persone è la stessa cosa: guardarle senza giudizio, accoglierle per quello che sono, fare un pezzo di strada assieme. È tutto qui quello che noi offriamo: nessuna consulenza psicologica, ma un rapporto concreto di amicizia. Perché questa è la vera carità: non solo un'azione che si realizza ma uno sguardo di bene sull'altro. In tanti anni è stato così, e siamo tutti più ricchi: chi viene qui da noi a svolgere la messa alla prova e noi del Banco Alimentare". Stessa esperienza anche nella Caritas di Pescara: "Come nel vangelo di Emmaus - ha raccontato il direttore don Marco Pagniello - noi non facciamo altro che farci compagni di viaggio. Questo ancor di più nei casi delle pene alternative, che a nostro avviso sono un'esperienza significativa specie quando si tratta di illeciti minori che evitano l'ingresso in carcere, spesso deleterio". Particolarmente apprezzata la testimonianza di Lorys Di Censo, da anni volontario al Banco Alimentare: "Sono nato e cresciuto in un quartiere difficile come Rancitelli. Ho avuto problemi con la giustizia sin da minorenne e quando mi è stata data la possibilità della messa alla prova ho scelto il Banco Alimentare. Sin da subito sono stato accolto senza essere giudicato. Nel tempo, mi sono aperto e questa è diventata la mia famiglia, che mi ascolta e mi consiglia, al punto che non ho più smesso di tornare qui al Banco Alimentare come volontario. Qui ho imparato cosa significa la vera legalità, vale a dire il rispetto delle regole per il bene mio e di tutti. Qui ho scoperto il valore di alzarsi presto la mattina per andare a lavorare e guadagnarsi un dignitoso stipendio, anche se può non bastare per arrivare a fine mese. Qui ho trovato una vera amicizia, un'amicizia gratuita, piena d'amore. Qui ho incontrato persone che quando avevo un problema mi ascoltavano davvero, non si limitavano a sentirmi. Problemi non solo attinenti al mio lavoro al Banco ma anche alla mia vita: ho aperto il mio cuore ammettendo i miei limiti e crescendo come uomo, ho imparato a perdonare e a dare un valore immenso alla persona che ho di fronte nella mia quotidianità. Oggi, senza l'esperienza del Banco Alimentare incontrata grazie ad un'opportunità datami dalla Giustizia, probabilmente la mia vita sarebbe diversa. Non so dove mi avrebbe portato il mio quartiere, la mia storia. Forse avrei continuato a sbagliare, o forse no. Difficile dirlo. So soltanto che l'amicizia, l'amore, la stima, la fiducia, il coraggio e anche la professionalità sono tutte esperienze che ho incontrato qui al Banco Alimentare. E sarò per sempre grato a questa famiglia per quanto mi ha dato e continua a darmi: doni impagabili, che custodirò per sempre gelosamente".

Le conclusioni sono state a cura della senatrice Federica Chiavaroli, sottosegretario di Stato alla Giustizia: "Momenti come questo sono indispensabili perché fanno emergere con forza che si può fare. Si può fare: la rieducazione è possibile, il cambiamento è possibile. Noi crediamo molto nelle pene alternative, al punto che sono diventate molto importanti anche nel testo di riforma della Giustizia approvato al Senato e ora in discussione alla Camera. Il loro valore sta proprio nella relazione che si instaura tra chi deve scontare una pena e chi accoglie e accompagna queste persone. È un lavoro di gruppo, per questo l'auspicio è che tutto il mondo del volontariato possa, come il Banco Alimentare e la Caritas, aprirsi a questa opportunità".