Avvenire.it: Nelle celle digiuno e cibo per i poveri. Il pane giusto che fa liberi

Fonte: Avvenire.it

Nel cuore dell’uomo, di ogni uomo, abita un desiderio di bene e di positività. Rischiamo di dimenticarcene, specialmente in una stagione come quella che stiamo vivendo, dove la tentazione di 'salvarsi da soli' anche a scapito di chi se la passa peggio di noi è più che mai in agguato.

Ma ci sono gesti e persone che testimoniano quanto il desiderio di bene sia così radicato da sfidare le circostanze più avverse. È quanto sta accadendo in questi giorni, mentre è in corso la Colletta promossa come ogni anno dal Banco Alimentare che stavolta, anziché concentrarsi in un una sola giornata, è stata dilatata tra il 21 novembre e oggi, 8 dicembre. Cambiano le modalità rispetto al passato: per rispettare le norme di sicurezza legate all’emergenza Covid, stavolta non c’è passaggio di cibo dai donatori ai volontari, ma è possibile acquistare delle gift card di vari importi alle casse dei supermercati, che vengono 'convertite' in prodotti consegnati al Banco Alimentare e veicolati a milioni di persone tramite ottomila enti caritativi.

Cambiano le modalità, ma non la sostanza: un gigantesco gesto di solidarietà popolare, ancora più significativo in questo tempo che ha visto aumentare vertiginosamente il numero delle persone bisognose. E ancora più significativo è sapere che a questo gesto stanno partecipando tante persone detenute nelle carceri, offrendo cibo o piccole somme di denaro poi utilizzate per l’acquisto di alimenti.

Donazioni, queste, che spesso comportano sacrifici e privazioni, ma che nascono da un moto dell’anima, da una sorta di istinto primordiale che neppure una condizione avversa come la detenzione riesce a reprimere. «Fare del bene ci fa bene», ha scritto uno di loro. Vengono in mente le parole di don Giussani – che insieme all’imprenditore Danilo Fossati è all’origine del Banco Alimentare in Italia – in un libretto intitolato 'Il senso della caritativa': «Quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti, e noi la chiamiamo giustamente legge dell’esistenza».

Basterebbe pensare al valore e al significato 'redentivo' di gesti come la Colletta fatta in carcere per capire quanto sia ingiustificata la posizione di chi – nel mondo politico, ma anche tra tanta gente comune – ritiene che basti mettere in galera chi ha sbagliato e 'buttare via le chiavi', come se i reclusi fossero rifiuti da smaltire. In questi giorni nelle prigioni del nostro Paese c’è stato chi ha donato cibo e chi al cibo ha rinunciato, chi ha spezzato il proprio povero pane per 'liberare' altri poveri e chi continua a digiunare per dolore e umanità.

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