Il sorriso di Amhed

“Ciao Amhed, come sta tuo padre?” Amhed risponde con un sorriso, con gli occhi velati di tristezza ma anche di gratitudine. Al Centro di Solidarietà Giorgio Meregalli si distribuiscono i pacchi alle famiglie in difficoltà della zona. Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia, le regole sono severe: le famiglie arrivano una alla volta, ad orari prestabiliti. Entra solo una persona; misurazione della febbre, igienizzazione delle mani, distanze da rispettare, si riempiono le borse e si esce. Fa un certo effetto dover rispettare questo rituale perché il Centro è sempre stato prima di tutto un luogo di incontro e di amicizia. Si incontrano le famiglie a partire da un bisogno primario come quello di assicurarsi pranzo e cena ma, in realtà, si condividono storie. Come quelle di Amhed e di suo padre, ricoverato in ospedale ormai da mesi. La gente ritirava il pacco e poi si fermava a chiacchierare, a confidare altri bisogni o semplicemente a spezzare solitudini in cui è facile perdersi.

Il Centro Giorgio Meregalli distribuisce i pacchi alle famiglie una volta al mese. Il mercoledì con un camion si va al magazzino del Banco Alimentare della Lombardia a ritirare i prodotti. Si scarica tutto alla sede di via Boltraffio a Milano. La sera dopo ci si trova a preparare i pacchi per le circa sessanta famiglie assistite. Marco, Roberto, Daniele, Nicola, Carlo. Non manca mai nessuno. Quell’appuntamento mensile è atteso, desiderato. Non c’è mai nulla di scontato o di ripetitivo. Ogni volta è la riscoperta del motivo per il quale si resta fedeli a questo gesto, nonostante da più di un anno sia tutto più complicato.

Si indossano guanti e mascherine e si riempiono quei pacchi con ordine, con cura. La felicità è doppia quando c’è di tutto dall’olio allo zucchero, dai biscotti al tonno, dalla pasta al caffè, farina e pelati. I pacchi si riempiono e si pensa alle persone che il giorno dopo verranno a ritirarli, alla loro felicità e alla loro gratitudine. Venerdì pomeriggio e sabato mattina è il momento della distribuzione, il momento più atteso. Molte famiglie ritirano di persona ma molte altre vengono raggiunte dai volontari del Centro. Portare i pacchi nelle case era un’esperienza entusiasmante. È così che sono nate storie di amicizia che durano nel tempo. Oggi si può solo posare il pacco sul pianerottolo o davanti alla porta ma ugualmente in quei pochi attimi si percepiscono la gratitudine e l’affetto che ci legano a quelle persone.

La pandemia ha messo tutto in discussione, forse ha reso le persone più fragili. Certamente ha aumentato i bisogni. Non era possibile fermarsi, le storie non si possono fermare. Così come i legami d’amicizia. Amhed una volta ci ha confessato che temeva che la distribuzione si fermasse. Per lui sarebbe stato un problema enorme. Non solo per lui perché senza il suo sorriso ci saremmo sentiti anche noi un po’ più soli.