Intervista a Giovanni Bruno, neo Presidente della Fondazione Banco Alimentare

La tua elezione avviene in un momento particolare, cioè la festa dei 30 anni di Banco Alimentare. In Italia sono stati organizzati eventi di ogni tipo. Ti colpisce questa contemporaneità?

Ci penso ora per la prima volta, quello che mi colpisce di più non è la mia elezione ma che su nove eletti al consiglio di amministrazione, sette siano nuovi e con un'età media più bassa. Il più giovane ha 35 anni, io forse sono il più vecchio! Magari andrò fuori dalle scatole presto (ride).
Ad ogni modo penso ci siano dei temi che dobbiamo approfondire: il dato che ultimamente comunichiamo spesso riguarda l'incremento di circa il 40% del recupero del programma Siticibo. Questa è una grande indicazione di lavoro, ma Siticibo è guidato dalla Fondazione e dai Banchi Alimentari regionali solo nell’aspetto organizzativo. Materialmente è fatto dalle strutture caritative. Abbiamo quindi il 40% di furgoni in più o di volontari in più? No, si è lavorato perché partissero ancora più Strutture! Questo per dire che non si cresce aumentando le nostre risorse, o magari in parte sì, ma il grosso della crescita è nello stringere rapporti, partnership con le Strutture e con altre realtà, attraverso modelli innovativi. Anni fa abbiamo contestato la legge francese sullo spreco sottolineando come il problema dello "smaltimento" delle eccedenze venisse riversato dalle industrie alle Strutture Caritative. Dunque, se aumentassimo le tonnellate di cibo distribuito, quanta capacità avrebbero le Strutture di riceverlo?
Forse bisogna crescere insieme, non semplicemente distribuire di più.
Penso che in tante circostanze Banco Alimentare abbia avuto un ruolo unificante tra realtà diverse con nature diverse. Questo succede se entri in una logica che non è solo la crescita dei volumi o la risposta materiale al bisogno, ma ancora di più la logica di bisogno di unità e presenza nei territori. Dobbiamo chiederci come poter essere presenti di più e nel modo migliore.

Girando l'Italia per il 30ennale ci viene in mente che questi festeggiamenti hanno reso più chiaro il rapporto tra la Fondazione e le Organizzazioni Regionali...

Bisogna uscire da logiche di competitività. C'è tanto da valorizzare nella Rete, ma se ognuno ha la pretesa di essere il più bravo non si migliora. Se però si fa il massimo, facciamo ciò in cui siamo bravi e lo condividiamo, questo diventa una ricchezza per tutti.
Dobbiamo imparare che seguire non significa sminuirsi, ma essere attenti a valorizzare tutto il valorizzabile. Come Fondazione questa è una nostra responsabilità.

Uno degli eventi di cui parlavamo è stato fatto nella comunità di San Patrignano, per noi esperienza incredibile. Banco Alimentare collabora al cammino di speranza di questi ragazzi, ma spesso in noi c’è poca consapevolezza, sul cuore vero di ciò che facciamo. Che ne pensi?

Sicuramente va aumentata ed educata la consapevolezza, non si può essere consapevoli una volta per tutte. Essere capaci di immaginare occasioni e circostanze per aumentare la consapevolezza è importante. Anche chi ha davanti persone in difficoltà tutti i giorni, se non è educato si smarrisce, smarrisce la consapevolezza. Dovremmo mettere a tema momenti per aumentare questa consapevolezza e questo avviene confrontandosi con gli altri. Come nella crescita dei bambini: capiamo chi siamo nel confronto con gli altri. Dobbiamo sforzarci di farlo, il 30ennale è stato occasione per fare questo.

Tra 10 anni che Banco saremo?

Sogno una grande consapevolezza di chi opera per il Banco. Il rischio è di perdersi dietro tante storie, regolamenti, protocolli, perché rischiamo di smarrire l’origine di quello che facciamo. Julian Carron - Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione - in un incontro con i presidenti della Rete ha detto che quanto più ci allontaniamo dall’origine, dalle motivazioni iniziali, dallo scopo, tanto più siamo costretti a moltiplicare i regolamenti e le regole.

Hai un'esperienza anche con un Banco di Solidarietà. Ti sarà utile in qualche modo?

Consegnando il pacco alimentare alle famiglie ho visto come la povertà è caratterizzata soprattutto dalla solitudine. Per me è un richiamo ad aver presente l’ultimo anello della catena di distribuzione del cibo.
La consapevolezza che dentro i pacchi di alimenti c'è storia, sudore, "sbattimento", di tanti volontari e di tante realtà, ha un grande valore.
Per me Banco Alimentare e Banco di Solidarietà sono stati entrambi d'aiuto.

Cosa hai pensato quando ti hanno chiesto di diventare il nuovo Presidente della Fondazione Banco Alimentare?

Non vengo qui come in un ufficio, non volevo questa carica, ma alla fine due cose mi hanno convinto:
La prima: mi è venuto in mente un'osservazione del Cardinale Angelo Scola, in quel momento arcivescovo di Milano, che nel messaggio di auguri prima di una Colletta Alimentare ha detto “non amo l’espressione mettersi al servizio ma piuttosto esser presi a servizio”. Io ho avuto delle resistenze ma in fondo proprio questa è l’esperienza: di essere presi a servizio.
L’altra è stata: con chi posso condividere questa esperienza? La risposta è stata semplice: con Pierangelo (il nuovo Vicepresidente - ndr), che non ho invitato io qui, ma che conosco dal '68 e ho reincontrato al Banco per caso. Con lui è scattata una sintonia di giudizio e di sensibilità. Io non gli ho chiesto di coprire il ruolo di Vicepresidente ma di condividere con me un pezzo di strada, un cammino da fare insieme. Per me questi anni come volontario sono stati occasione di cambiamento, un richiamo a verificare come vivo io, la mia fede, il mio percorso, un'occasione di crescita e cambiamento. Se quest'esperienza non servisse anzitutto a me non la farei.

Cosa ne pensi dell'autonomia? Se esasperata, è un danno?

La parola autonomia è sempre un danno. Un conto è essere liberi, creativi, un conto autonomi. Faccio un esempio: nel calcio la tua abilità la giochi nella squadra, non puoi farlo da solo. Devi rispettare i limiti, le regole, le dimensioni del campo. Puoi essere il numero uno del mondo ma se non rispetti le regole non puoi giocare. Se vuoi prescindere da qualcosa che ti precede, che ti contiene, che ti possa valorizzare, non ce la fai.
Pensate al 30ennale, non sarebbero mai state possibili cose del genere se non in un rapporto con tra Fondazione e Organizzazioni Regionali. È stata un’occasione grande per tutti, che va valorizzata dentro l’appartenenza.

Hai paura di intraprendere questo nuovo cammino di responsabilità?

No, all’inizio sì, ora no. Farò il massimo, ce la metterò tutta, in questa logica di impegno. Più di questo non posso fare, non mi sono scelto io, non devo acquisire medaglie, al massimo un po’ il paradiso... ma quello si può conquistare stando al Banco, anche dicendo "non sono in grado".

Hai un messaggio per il Presidente uscente Giussani?

Innanzitutto GRAZIE! per la testimonianza di competenza e dedizione che è stato per me in questi anni di collaborazione, dentro e fuori il CdA. Che continui a vivere con il massimo impegno cosa gli accade nella vita, compreso il Banco, senza rimpianti né rimorsi.

Il tuo hashtag?

Parola d’ordine CONSOLIDARE, recuperare le ragioni, crescere in consapevolezza, crescere in collaborazione con la Rete…
Posso dirvi in più: dobbiamo guardare le cose con lo sguardo del cuore.