"Non vi abbandonerò mai!"

Nella solitudine di questo mese ho evitato in tutti i modi di stare con me stessa perché non avevo più niente da dirmi: ero come io mi volevo, due lavori, un mucchio di amici, esperienze adrenaliniche e non avevo più nulla da raccontarmi.

Non provavo un turbamento vero da ottobre, il mio cuore era fermo da ottobre. E in questo momento di isolamento e solitudine per quanto riuscissi a distrarmi, è arrivato inesorabile il momento di specchiarsi, e ciò che vedevo era appunto il riflesso delle mie idee, delle mie immagini su me stessa. Rileggevo, nel frattempo il libro di una mostra esposta al meeting dal titolo Bolle, in un pannello c'era un pezzo di Baldwin tratto dal libro Nothing Personal:

"Perchè, forse - forse - tra ora e quell'ultimo giorno succederà qualcosa di meraviglioso, un miracolo, un miracolo. Il miracolo dell'amore, amore forte abbastanza da guidare o condurre uno nel grande territorio della maturità, nella scoperta e accettazione della propria identità."

Bellissimo, parlava di me ero lì in attesa del miracolo, ma poi nelle giornate il “miracolo” che attendevo continuava ad essere niente altro che frutto delle mie immagini: non era una vera attesa ma solo una grande pretesa.

Ma poi è accaduto qualcosa. Un piccolo si alla proposta di dare una mano al Banco Alimentare in questo periodo complicato. Ho dato la mia disponibilità per aiutare in segreteria la mattina, si trattava di cose banali all'apparenza, rispondere al telefono, fare le pulizie, organizzare la distribuzione.

I primi giorni lì mi sentivo inutile, era un altro modo per fuggire alla solitudine. Poi prendo una telefonata: un uomo dall'altra parte del telefono: un uomo con due figli una moglie e un mutuo, un uomo che lavorava a nero, mi chiedeva come poter fare per ricevere un aiuto dal banco alimentare. Non era disperato, aveva una voce pacata quasi speranzosa, intuivo che si aspettava tutto da me. Servivo lì in quel momento. Il primo turbamento dopo mesi di nulla.

Un po’ frastornata tento la procedura abituale, lo metto in contatto con una struttura caritativa nelle vicinanze della sua abitazione. Trascorse un paio di ore, il pensiero di quella telefonata non mi abbandonava, lo richiamo, mi ringrazia ma stavolta sentivo disperazione nella sua voce, allora mi faccio coraggio e gli chiedo se con l’aiuto della struttura riesce a nutrire la famiglia fino almeno al giorno di Pasqua e no non ce la fa. A quel punto vado al supermercato faccio un po' di spesa e gliela porto. Poi decido di condividere la mia esperienza con gli amici di scuola di comunità e decidiamo di fare una colletta per aiutare Stefano.

L'indomani vado da lui con altra spesa, stavolta c'era anche la moglie, il volto emaciato e gli occhi lucidi, una donna pulita e ordinata. Mentre gli consegnavo i pacchi c'era un grande silenzio tra noi, terminate queste operazioni mi ringraziano e io rispondo "non vi abbandonerò mai" loro mi osservano basiti, saluto e vado via.

Salgo in macchina in silenzio e rifletto, come posso dire una cosa del genere? Non li conosco, non conoscono me, non posso fare promesse del genere, non sono in grado di mantenerle. Mi viene in mente a quel punto il dialogo con Angelo un amico con cui faccio scuola di comunità, lui un giorno ha detto a me "io non ti abbandonerò mai" e io l'ho detto a Stefano a sua moglie e a suo figlio. Allora ho capito che il punto è che non sono brava io, non era bravo Angelo. E' un'appartenenza. Sono di un altro, come lo è Angelo, noi non siamo bravi a non abbandonare le persone, siamo solo Suoi.

Il miracolo è accaduto in un dialogo, Lui mi aveva voluto lì, Lui che mi aveva turbata: Dio non mi abbandona, è Lui che è fedele. Il mio grido di questi giorni, per la situazione personale che vivo ormai da mesi, "perchè mi hai abbandonato?", è lo stesso grido di Gesù prima della Croce, è il nostro dialogo. Lui non risponde alle mie domande come vorrei ma mi chiama al Banco e mi chiede “Mi ami?”, è lo stesso metodo che ha usato con Pietro “Mi ami tu?”. Mi ha colpito molto la scuola di comunità di questa settimana, parlando di Pietro dice che il tradimento era stato solo l’ultimo grosso errore, ma tutta la sua vita nella familiarità con Gesù era stata tribolata a causa della sua umanità istintiva e impetuosa, ma Gesù non lo condanna, non risponde alle sue domande e aspettative gli chiede solo “Mi ami tu?” , una domanda, un abbraccio, questo è il nostro dialogo.

Per quanto io sia cosciente che tradirò ancora e ancora, so che quel sì mi salva perché sono totalmente definita da quello che ne è derivato. Intuisco che questa è l’unica speranza per me.

Paola Aceto