Questioni di Quore...

Silvia è arrivata nel mio ufficio perché le avevo chiesto di raccontarmi qualcosa in più della sua associazione, Quore e del loro progetto To Housing che Banco Alimentare sostiene per la parte cibo dal 2019.

È orgogliosa di parlarne, si vede che c’è molta passione. Mi racconta che grazie al progetto hanno allestito 5 appartamenti per persone con fragilità legate all’identità di genere. La zona è quella universitaria, tra modernità e case popolari sullo sfondo del quartiere, un mix di umanità vario e contrastante.

In totale 24 posti occupati da altrettanti ospiti, che si fermano qui per un periodo di circa 10 mesi. Si tratta di persone di tutte le età, con prevalenza di ragazzi tra i 18 e i 35, che arrivano da tutta Italia, dalle realtà familiari, culturali, economiche più svariate. Ciò che lega le loro storie sono proprio l’intolleranza, l’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Giovani gay, lesbiche, transessuali che arrivano ognuno con un disagio psicologico diverso, legato proprio alla non accettazione. Che spesso parte dalla famiglia. Per questo sono costretti a scappare. To housing nasce per accogliere. Perché c’è bisogno di un posto, solo per loro, in cui sentirsi sicuri e accettati. Che permetta di avviare un lavoro individuale, basato su un bisogno specifico.

Il Banco Alimentare del Piemonte partecipa al progetto donando cibo. Una volta al mese l’Associazione Quore viene, infatti, a prendere i prodotti a lunga conservazione direttamente al nostro magazzino di Moncalieri. E due volte alla settimana ritirano invece il fresco presso la Coop di zona, grazie alla convenzione attivata attraverso i referenti di Banco Alimentare, che si occupano dei rapporti tra Associazioni del territorio e GDO.

La spesa viene poi radunata tutta in uno dei cinque appartamenti, il più grande, e ognuno porta nella propria dispensa la sua parte. Secondo esigenze gusti e capacità culinarie.
Nelle cucine c’è perfino il volantino del TMC (Termine Minimo di Conservazione) di Banco Alimentare. Perché nulla si spreca!

Le chiedo quanto è importante l’attività col Banco. Silvia mi risponde che è sostanziale. Le chiedo perché. Racconta che il cuore del loro intervento si basa sui servizi che possono offrire ai ragazzi che ospitano. Psicologi, operatori sociali, chi si occupa dei percorsi lavorativi e burocratici, un paio di volontari a supporto e poi qualcuno per la comunicazione, di cui non si può fare a meno, dato che anche questo progetto vive di fundraising. E poi bandi e progettazione che sono gestiti direttamente da lei, ma richiedono tempo. È un lavoro che Silvia con il cofondatore Alessandro Battaglia, manda avanti dal 2019. Mi spiega che senza il supporto alimentare del Banco, dovrebbero ridistribuire il budget, riducendo, o eliminando alcuni servizi fondamentali, come il counseling terapeutico, o l’attività di orientamento al lavoro. Questo impoverirebbe il progetto. Mantenere il livello dei servizi alto permette di ottenere più facilmente risultati concreti. Perché è del futuro di persone che si parla.

Mi dice anche che il cibo ha creato una catena di solidarietà all’interno del quartiere. Un vero e proprio welfare generativo. Uno scambio tra gli ospiti e i vicini di casa più in difficoltà. Se a qualcuno manca qualcosa, i ragazzi lo mettono in condivisione e inoltre si offrono di fare compagnia agli anziani soli, o danno una mano agli animatori per le vicine attività di doposcuola della zona.

Una mediazione che avvicina, senza spaventare. Un’integrazione silenziosa, che parte prima di tutto da condividere bisogni e spazi comuni e crea armonia. Certo non è tutto facile, né scontato. Non tutti hanno voglia, o arrivano a farlo. E’ un percorso anche quello che va provato, lentamente. Non si riesce a donare agli altri, se non si ama per primi se stessi.

Il progetto è supportato da Fondazioni, Banche e aziende, come una nota azienda svedese, che si è innamorata del progetto e ha deciso di supportare ogni dettaglio degli appartamenti. Dalla progettazione, al montaggio degli arredi: cucina, letti, scrivanie, divani, librerie. Ma To Housing si sostiene anche attraverso campagne di charity, come quella dedicata alle donazioni delle liste nozze, o le aste di beneficienza. Le richieste infatti sono molto più numerose dei posti disponibili e c’è bisogno di mantenere e ampliare l’offerta. Domando quindi cosa vede nel futuro... Mi dice che un’idea è quella di arrivare in Europa. Collaborano infatti già con Feantsa, l’associazione europea che racchiude tutte le associazioni legate ai senza fissa dimora. E il Progetto To Housing è oggetto di studio perché ritenuto una buona prassi. Le dico che anche Banco Alimentare fa parte di un network europeo la FEBA (Federazione Europea Banchi Alimentari). Chissà mai se nella scalabilità del loro progetto, non ci sia anche una scalabilità della nostra collaborazione. Incontri, amicizie e relazioni che nascono nel piccolo e si moltiplicano, rendendo grande la solidarietà.

Ci salutiamo. E rifletto sul fatto che Quore è proprio un nome azzeccato. Non solo per quella Q diversa, ma uguale nella sostanza della pronuncia. Ma perché il cuore muove le vite di tutti. E’ il cuore che spinge i nostri 180 volontari a lavorare ogni giorno per raccogliere prodotti alimentari da donare a chi non ne ha. E’ il cuore che ha fatto nascere in Silvia il desiderio di mettere in piedi un progetto così ardito con To housing.

Come le persone, anche il cuore non ha una sola forma, un solo peso o una sola dimensione, né credo una sola sfumatura di colore. Ognuno ne ha uno, che batte al suo tempo, e nella sua diversità manda avanti le nostre azioni e può rendere grande ciò che facciamo. Se lo facciamo anche con il cuore.

Chiara Lignarolo
Banco Alimentare del Piemonte