l punto vendita è piccolo, al piano terra di un’abitazione, frequentato quasi esclusivamente dalla gente del luogo, soprattutto anziani.
Dalla carta ai cartoni: è il percorso di Enos che, dopo 40 anni da impiegato tecnico alla Mondadori di Verona passati a curare i rapporti con i clienti della casa editrice, ora svolge un lavoro molto simile al Banco Alimentare del Veneto: tiene i contatti con oltre 440 enti che ogni mese ricevono i prodotti raccolti. Enos è un tipo che non ha mai pensato soltanto a sé stesso. Dava una mano in parrocchia, nel quartiere di Borgo Venezia a Verona; sosteneva gli alcolisti che volevano uscire dalla dipendenza; faceva la raccolta della carta per aiutare qualche opera di carità.
Ci sono incontri nella vita che ti cambiano la prospettiva, il modo di vedere e giudicare le cose… Quello con Mimmo è stato proprio così. In una tiepida mattina di gennaio del 2018 si presenta un uomo piccolo di statura, magro con i baffetti di altri tempi, familiari ad una realtà profondamente sicula, “Buongiorno sono Leone, mi manda Lupo” il modo di presentarsi di quest’uomo apparentemente burbero nonostante la divertente presentazione, non voluta, mi ha subito, non solo incuriosita ma ha immediatamente suscitato in me una profonda simpatia e tenerezza.
Renzo è uno di noi. Anche se per tanto tempo non lo si è visto, non è stato fisicamente presente, non ha messo piede in magazzino se non la sera della Colletta per scaricare un furgone, Renzo è sempre stato uno di noi. Renzo è Renzo Di Lizio: assicuratore di Bucchianico, paese natale di San Camillo de Lellis, ma con un’agenzia a Chieti Scalo, marito e padre di quattro figli, una persona come tante che ogni anno indossa la pettorina gialla e chiede cibo per chi non ne ha davanti a qualche supermercato della sua zona. Così qualche settimana fa ha colto la palla al balzo, e ha fatto riemergere prepotentemente quel “noi”, rendendo possibile, insieme ai suoi colleghi della regione Abruzzo una significativa donazione di Itas Mutua alla sede locale del Banco Alimentare.
Silvana è una donna piccola, dalla voce delicata e dai movimenti rapidi. La prendo a braccetto, come farei con mia madre, mentre ci andiamo a sedere in tranquillità su una panchina all’ombra, davanti alla laguna gradese che si staglia placida.
Qui al Banco Alimentare della Sardegna, siamo una grande famiglia. È una bella sensazione arrivare la mattina presto: salutare tutti, bere un caffè e, spessissimo, mangiare in compagnia il cumbido (come si dice qua a Cagliari), il cibo che viene offerto agli altri per festeggiare un’occasione speciale. E di occasioni speciali ce ne sono sempre tante!
Rosario, detto Saro, è volontario del Banco Alimentare della Sicilia da… sempre! Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia che continua ancora oggi.
Ogni giorno Alessandro accompagna a scuola la figlia di sette anni e poi si dirige al magazzino del Banco Alimentare della Daunia, alla periferia di Foggia. Lo fa da oltre un anno, da quando ha iniziato un percorso di reinserimento sociale grazie alle misure alternative alla detenzione.
Duecentoquarantamila chilometri, centinaia di tonnellate di alimenti recuperati e distribuiti, decine di associazioni incontrate, centinaia di volontari conosciuti, sempre col sorriso e col suo immancabile furgone: compie quest'anno 10 anni di Siticibo la nostra Cristina!
Roberto e Laura sono di Catania e da diversi anni prestano la loro opera come volontari in un’associazione che ritira gli alimenti al Banco Alimentare. Oggi mi hanno invitato con loro a fare il giro in un quartiere popoloso di Catania. Una delle prime tappe è a casa di una giovane assistita che chiameremo Manuela.
“Ciao Amhed, come sta tuo padre?” Amhed risponde con un sorriso, con gli occhi velati di tristezza ma anche di gratitudine. l Centro di Solidarietà Giorgio Meregalli si distribuiscono i pacchi alle famiglie in difficoltà della zona. Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia, le regole sono severe: le famiglie arrivano una alla volta, ad orari prestabiliti. Entra solo una persona; misurazione della febbre, igienizzazione delle mani, distanze da rispettare, si riempiono le borse e si esce.
La distribuzione dei pacchi avviene nel piazzale posteriore della parrocchia dove, in disparte, è già in fila – nettamente in anticipo - un ragazzo dall’aria un po’ schiva. Più tardi Teresa, referente del Centro di Ascolto della Cava, quartiere periferico di Forlì, racconta che ha problemi di tossicodipendenza, che vive in una roulotte insieme ad altre persone e non è facile entrare in rapporto con lui.
La roggia scorre rumorosa, amplificando la frescura del mattino. Sul ponticello che la sovrasta, una lunga fila di persone attende silenziosa. Giovani donne, qualche anziano, uomini, mamme coi passeggini dai quali sbucano le gambette vivaci dei bimbi. Mentre supero la fila per entrare alla San Vincenzo della Parrocchia di S. Marco, nel cuore di Udine, mi invade una sensazione di disagio: io non sono lì per ricevere una borsa di viveri, non ne ho bisogno. Ho un moto sincero di gratitudine: che grande fortuna che ho.