Il cuore degli alpini vale 50 milioni l'anno

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Fonte: Francesco Specchia - Libero

Non è facile che l’alpino sorrida, se non per legittima difesa. «Non è facile, né molto frequente che l’alpino sorrida. ll sorriso è una sfumatura, ha una tenuità che difficilmente s'intonano all’architettura nazionale dei volti montanari. L`alpino ai primi contatti si irrigidisce come certi fiori selvatici delle sue montagne, gelosi e irsuti…», diceva l’alpino Don Gnocchi.

Quello del Don è uno dei 4 fantasmi d’onore che sfileranno - oggi e domani (il 7 e l’8 maggio, n.d.r.) - tra le cinquecentomila penne nere che invadono Torino nel l50° dell’Unità, in una staffetta ideale tra le pettorine in rosa del Giro D’Italia. Non è facile che un alpino sorrida, ma quando lo fa comincia la festa. Chi transita dalla città sabauda si metta il cuore in pace: verrà inghiottito da un patriottismo gentile. All`84° Raduno nazionale sfileranno più penne nere che neri nelle vie di Harlem. Da ieri, lì, s’è visto e si vedrà di tutto: cinque campeggi allestiti come su un alpeggio; il Parco delle Rimembranze trasformato in un gigantesco mausoleo da Grande Guerra; il ministro Larussa, fischiato nel discorso pubblico; le sfilate e le coccarde, i cori e le sfilate.

Accadrà di tutto. Perfino l’inaccadibile; come ieri, quando transumante dal raduno della Cgil, "un gruppetto di studenti vicini all’area antagonista", ha tirato un cartone a un fante piumato, rischiando di trovarsi la mascella ammaccata da una giberna. Nulla scrolla veci e bocia. Neppure gl'idioti che li taccia d’anacronismo e di folklore.

Mentre scriviamo ci sfilano sotto il naso decine di rapporti tecnici che imbucano la retorica nei cassetti. Gli alpini sono l’istituzione che tra fondi in danaro, ore di lavoro prestate gratuitamente (1 milione e settecentomila solo l’anno scorso) e infrastrutture costruite, raccoglie ben 52 milioni di euro. È il suo bilancio è cristallino come le acque d'un laghetto montano. Il 52% di quelle quote e destinato ad enti benefici; il 4% per “manifestazioni patriottiche"; il 9% per le missioni; il 16% va alle parrocchie; il 15% viene investito in scuole e iniziative per i giovani; il 4% allo sport; il 2% per “alpini in armi"; l‘8% agli anziani; il 10% alla voce "banco alimentare" e il 52% alla "comunità". Solo nel 2010 "l’Associazione Nazionale Alpini ha continuato il suo impegno in Abruzzo realizzando una Chiesa, a completamento del villaggio costruito nel 2009, con annessi spazi comuni per la comunità di Fossa". Per l’Abruzzo il loro contributo è stato stimato in 3,7 milioni di euro. Il cuore alpino ha una strana aritmia: batte silenzioso, evitando i riflettori dei professionisti dell`emergenza.

E tutto questo è il risultato di un’enorme mole di solidarietà sotto stretto controllo interno. Gli alpini hanno un approccio strategico, quasi gesuitico, all'opera di pronto soccorso. I fondi partono dall’Italia, dagli alpini in pensione, e arrivano direttamente agli alpini in servizio nelle missioni di pace in mezzo mondo. Si prenda l’operazione "Very Well", dal nome del progetto che gli alpini negli scorsi mesi hanno realizzato nell'Afghanistan occidentale: 12 pozzi in altrettanti villaggi del distretto di Shindand, a sud di Herat. Si sono rivelate opere pubbliche costruite in villaggi sprovvisti di elettricità, strade e vetri alle ñnestre delle case, fatte di fango e paglia. Raccontano i rapporti interni: “Ogni comandante ha a disposizione un piccolo fondo benefico per venire incontro in modo rapido all’esigenza primaria delle comunità rurali dell`Afghanistan interiore, tra cui i pozzi, appunto. La procedura e sempre la stessa: si parte con una shura, l’assemblea a cui partecipano gli anziani del villaggio e gli Alpini. Si discute, si parla e soprattutto si ascolta quello che il malek, il capo della comunità, ha da dire sui bisogni del villaggio, in cima ai quali c’è sempre l’acqua.

 

Tornato alla base l’ufficiale della cooperazione civile-militare elabora un progetto che viene affidato a ditte specializzate. In dodici mesi sono state decine i pozzi scavati con i fondi raccolti della solidarietà dell’ANA Un esempio è il pozzo scavato dagli Alpini del 3° reggimento di Pinerolo (brigata alpina Taurinense) ad Awas-Abad, un piccolo villaggio remoto attraversato spesso dalle pattuglie del reggimento, dove i 600 abitanti erano costretti a camminate di 15 km per portare a casa una tanica di dieci litri d’acqua, per bere, lavarsi e per l’orto...". Per non dire di "scuole (a Kabul), ambulatori a Herat) e cartelle, libri, quaderni e matite per i bambini, comprate nei bazar afgani con i soldi usciti dalle buste da Torino, Udine, Bolzano, Cuneo, Cividale, Trento". Ogni euro è controllato alla base. Gli alpini sono il ponte di solidarietà più sicuro del mondo. Altro che folklore, pance foderate di retorica e palati votati alla ciucca. Scorrono le immagini, si compulsano dati e statistiche. E ci riaffiora la letteratura delle penne nere. «Ed ecco il grido improvviso, di buca in buca, di tana in tana, si va all’assalto, le baionette in canna, il corpo inerme a farsi fuori nella terra di nessuno, oltre gli spalti, correre!, i reticolati a corone di spine, l’aria sberlata, il cuore in gola e nelle orecchie, la Morte alta, immensa, canagliesca, diafana, i denti, il teschio, le mani ossute a grinfia, il Nemico che cresce, cresce, è di fronte» scriveva Giorgio Torelli rievocando le gavette di ghiaccio di Bedeschi. Non è facile che l’alpino sorrida, però quando lo fa…