Una vita per gli altri

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Il Banco alimentare recupera eccedenze di cibo distribuendole agli indigenti, che nel nostro Paese sono circa tre milioni, Marco Lucchini, direttore della fondazione dal 1991, ne spiega le origini, i successi e i progetti

Fonte: Benedetta Verrini - Monsieur

Come si faceva a parlare di poveri, nell`Italia della fine degli anni 80? Com'era possibile spiegare il fenomeno della scarsità nell’abbondanza, ammettere che comunque esistevano famiglie indigenti in una società ricca in cui lo spreco era segno di vitalità aziendale e personale? C’è voluto l’incontro tra due personalità luminose, quella di un imprenditore come è stato Danilo Fossati, patron della Star e di un teologo come monsignor Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione. Quell’amicizia fece nascere l’architrave del sociale italiano, il Banco Alimentare (www.bancoalimentare.it). Una vera e propria food bank, capace di recuperare eccedenze alimentari e ridistribuirle ai più poveri, quelli che nessuno, ancor più nel 1989, voleva vedere. A far parte di questa scommessa è stato Marco Lucchini, che guida la Fondazione Banco alimentare, in veste di direttore generale dal 1991. Laureato in agraria, padre di tre figlie, manager appassionato, Lucchini ha preso le redini del Banco e in 20 anni l’ha portato a un livello difficile da immaginare.

Nel 2009 sono state raccolte quasi 80mila tonnellate di cibo, poi restituite a oltre 8mila enti caritativi italiani. Pane, pasta, scatolame, latte sono rifluiti in tutto il Paese, attraverso le Caritas che gestiscono le mense dei poveri, le case famiglia, le comunità di accoglienza, le associazioni di sostegno agli emarginati. Il valore di quegli alimenti, che pur commestibili erano destinati alla discarica, è passato da zero a 170 milioni di euro. Lucchini ricorda spesso il senso economico di food bank «Ogni euro donato al Banca si moltiplica in 18-20 euro di cibo ridistribuito·. La sola Giornata della Colletta Alimentare, che si svolge ogni anno nel mese di novembre, mobilita più di 8mila supermercati in tutto il Paese e 110mila volontari. In un giorno gli italiani donano al Banco circa ll 15% di tutta la raccolta annuale. E, cosa ancora più importante, «sono invitati a riflettere sul tema dello spreco e sul fondamentale lavoro del Banco nel sostegno agli indigenti, che sono circa tre milioni nel nostro Paese».

Un numero di bisognosi cosi grande che ha spinto, fin dall’inizio, ad allargare il più possibile le possibilità di raccolta e recupero alimentare. Uno dei successi più grandi della Fondazione, in questi anni,è stata per esempio la Legge del buon samaritano. È una normativa che, nei primi anni del Duemila, ha consentito il recuperare degli alimenti freschi e delle porzioni non consumare di cibi cotti nell’ambito delle mense. Migliaia di tonnellate di ottimo cibo che, per ragioni di brevissima scadenza e di conservazione,venivano buttate dopo poche ore: oggi possono essere ritirate e immediatamente distribuite ai poveri delle città. Lucchini è stato copromotore della legge con Cecilia Canepa. «Era rimasta colpita da quanto cibo si buttava nella scuola della figlia e ci sollecitò a fare qualcosa, ricoda il direttore del Banco. «Noi le proponemmo di farlo insieme e scoprimmo che a New York esisteva qualcosa che ci poteva aiutare, City Harvest. Detto, fatto: durante il ponte di Sant`Ambrogio del 2002 siamo volati a New York e abbiamo incontrato i responsabili. Siamo tornati a casa con una copia della Good Samaritan Law. Da lì,è stata necessario tanto lavoro per convincere la politica ad approvarla anche in Italia: una grande mano ce la diedero due grandi giuristi, Mario Caccia e Cesare Mirabelli».

L’11 giugno 2003 la Legge del buon samaritano entra in vigore e da Milano il Banco Alimentare fa partire la più straordinaria catena di ridistribuzione mai sperimentata sugli alimenti freschi: Siticibo. Oggi centinaia di mense scolastiche e aziendali aderiscono all’iniziativa, nelle città in cui è stato possibile attivarla, tra cui Torino, Roma, Modena, Firenze, Bolzano. Siticibo è un modello che punta tutto: sulla velocità. Il processo di recupero da parte del Banco Alimentare osserva standard di altissima sicurezza: i pasti non consumati sono inseriti in appositi abbattitori di temperatura che in mezz’ora portano la temperatura del cibo ai 4 °C. Poi entrano in scena gli automezzi refrigerati dell’organizzazione che li distribuiscono nelle varie zone limitrofe. «Il recupero del "fresco" è una delle grandi sfide che ci poniamo nei prossimi anni», spiega Lucchini. «In Francia riescono a recuperare: 25mila tonnellate l’anno, qui siamo a 2mìla. Vogliamo aumentare questa quota, che rappresenta gli alimenti più vicini a un’ideale borsa della spesa che si può offrire a una famiglia bisognosa. La qualità nei processi di raccolta e distribuzione è l’altro traguardo del Banco.

Ogni norma igienica e sicurezza nel trasporto viene scrupolosamente osservata. La capacità di recupero dello spreco è così alta ch: in alcune regioni come la Campania la rete del Banco potrebbe idealmente consentire la chiusura di una discarica. Divenuto ormai uno dei maggiori esperti italiani dei fenomeni della povertà alimentare, Lucchini ha esportato il modello e si è fatto promotore, nel 2003, dello sviluppo di strutture omologhe in America Latina. Tra i fondatori (e oggi membro dell’esecutivo) della Compagnia delle Opere, ama ricordare che la cultura d'impresa da sola non basta a vincere certe sfide. «Il prima a insegnarmelo fu Danilo Fossati. Bastava ascoltarlo, sentire la passione che ti trasmetteva. La cultura d'impresa è appunto uno strumento, ma non serve a nulla se non c’è un uomo che vuol: utilizzarla al meglio»